Intervista a Fabrizio M. Rossi di Manuela Baroncini, pubblicata
su “Colloquia” 04/10, mensile edito da Il pensiero scientifico,
Roma.
“Oggi è
necessario comprendere che ogni azione di comunicazione (visiva, nel
nostro caso) può essere utile o dannosa e che non basta realizzare una
‘pubblicità progresso’ ogni tanto per mettersi la coscienza a posto:
meglio dedicarsi a progetti duraturi ed utili, con grande cura. Ne va
della salute di tutti.”
(MB) Quanto è importante, e perché, una comunicazione efficace sulla salute?
(FMR) La comunicazione delle istituzioni sulla salute rientra a pieno titolo in
quella che è stata definita “comunicazione di pubblica utilità”.
Ricevere informazioni esatte, complete e percorribili su ogni attività e
servizio delle istituzioni o su importanti temi di interesse pubblico è
un diritto fondamentale di ogni cittadino, sancito dalla legge; se
riusciamo ad intendere lo Stato e le sue istituzioni come espressione
partecipata di una comunità d’individui abbiamo il diritto di pretendere
una comunicazione che non sia mera notifica né tantomeno propaganda. È
evidente che, in un àmbito così delicato come la salute, sia
imprescindibile e cruciale.
Per ragioni storiche tanto complesse quanto precise l’Italia non può
certo ritenersi all’avanguardia mondiale nella comunicazione
istituzionale. Il rapporto tra cittadino italiano e amministrazione
pubblica è a dir poco controverso e il più delle volte improntato a
reciproca diffidenza: è inevitabile che la comunicazione istituzionale
rifletta tutto questo. Sebbene non si sia ancora giunti ad un livello
accettabile, è tuttavia innegabile che su questo tema qualche passo
avanti, dal secondo dopoguerra ad oggi, sia stato compiuto. Penso a
quelle azioni legislative riformatrici che, a partire dalla fine degli
anni Sessanta, hanno via via obbligato le istituzioni, prima locali e
poi centrali, ad assumere un atteggiamento di dialogo nei confronti del
cittadino e, conseguentemente, a comunicare di più e meglio. Non è
molto, se paragonato con altre realtà europee, ma è pur qualcosa per un
Paese come il nostro abituato, in un passato non troppo remoto e con
persistenze non ancora sopìte, all’arroganza e all’inefficienza delle
istituzioni, perfettamente riflessa dalla loro comunicazione: esoterica,
occasionale o inesistente.
Qualcosa a un certo punto successe, come dicevo, e coincise con l’inizio
della comunicazione di pubblica utilità, come proprio allora fu
definita. Venendo all’àmbito che professionalmente mi riguarda, furono
gli anni in cui i progettisti grafici italiani – in linea con analoghi
movimenti europei – diedero inizio ad una riflessione sul proprio ruolo e
sulla propria responsabilità in una società ormai profondamente
cambiata: si cominciava a ragionare sulla ‘grafica utile’, ossia la
grafica ‘altra’ rispetto alla comunicazione persuasiva, la grafica al
servizio dei cittadini, attenta alle relazioni tra individuo e
istituzioni, tra comunità e territorio, tra gli individui stessi. Furono
gli anni in cui i progettisti grafici ebbero modo d’intervenire come
protagonisti nella comunicazione dando forma visiva all’informazione
istituzionale rivolta ai cittadini.
Volendo assumere alcuni avvenimenti come rappresentativi di questo
movimento di pensiero e progettuale in Italia indicherei l’inizio delle
esercitazioni di progettazione svolte da Albe Steiner all’Isia (Istituto
Superiore per le Industrie Artistiche) di Urbino, alla fine degli anni
Sessanta; la “Biennale della grafica di pubblica utilità”, tenutasi a
Cattolica nel 1984; la redazione della Carta del progetto grafico da
parte dell’Aiap (associazione dei progettisti grafici italiani) e di
altre realtà professionali e universitarie, nel 1989, e del Codice di
etica deontologica e condotta professionale, elaborato sempre dall’Aiap,
nel 1993. L’attività professionale e didattica di Steiner contribuì a
diffondere in Italia un modello di progettazione grafica attento alle
esigenze sociali; la mostra di Cattolica fu un’importante occasione di
confronto dei risultati ottenuti fino a quel momento dalla ‘grafica
utile’; i due documenti citati, infine, presero coscienza del nuovo
ruolo strategico del progettista grafico nel sistema della
comunicazione, dichiarandosi apertamente a sostegno di una maggiore
consapevolezza e responsabilità della progettazione grafica nei
confronti dell’impatto sociale, culturale e ambientale.
Qualche
esempio di comunicazione riuscita o mancata?
Tra gli esempi più interessanti di comunicazione di pubblica utilità italiana in
quegli anni citerei il caso della città di Pesaro [figg. 1-6],
esemplare per la continuità nel tempo e per l’estensione della
progettazione grafica ad un ampio arco di attività istituzionali, dalla
salute alla cultura, dallo sport alle scienze naturali. Un caso, questo,
che si avvicina all’idea radicata in altre democrazie dell’Europa
continentale, in generale attente più alla comunicazione finalizzata
alla qualità della vita quotidiana che alle sue forme spettacolari e
occasionali.
A contraltare dell’esempio di Pesaro sarebbe impietoso elencare la
quantità impressionante di casi italiani di comunicazione di pubblica
utilità mancata, malfatta o travisata nel tempo; preferisco istituire un
rapido confronto tra uno dei migliori risultati italiani e l’analoga
realtà europea di quegli anni. Il caso olandese è emblematico; nel
secondo dopoguerra prende avvio in Olanda un’intensa attività di
progettazione grafica al servizio delle istituzioni. Gli esempi sono
numerosissimi ma fra tutti citerò il sistema di identità visiva del
Ministero del benessere, della salute e della cultura [fig. 7] e quello
delle Poste [figg. 8-12]; queste ultime si diedero un’identità visiva
istituzionale coerente (carattere tipografico, grafica per i
francobolli, per i formulari e per la pubblicità, progetto dell’arredo
degli uffici, delle cassette postali e degli edifici) a partire dal
lontano 1920, quando il loro segretario generale, Jean-François Van
Royen, iniziò a lavorare in questa direzione rivolgendosi alle correnti
più rappresentative delle arti visive di allora.
Vorrei proseguire con tre campagne di comunicazione inglesi ed una francese
sull’Aids risalenti alla fine degli anni Ottanta, dall’impostazione
progettuale molto diversa. Le prime due [figg. 13-14] si basano
sull’effetto provocato dalla crudezza delle immagini, sebbene la seconda
sia accompagnata da un testo esplicativo; la terza [figg. 15-16],
invece, rinuncia all’uso di fotografie e fornisce un’informazione più
specifica. La campagna di prevenzione sviluppata in Francia [fig. 17] ha
un tono della comunicazione molto diverso: vuole evidentemente evitare
di suscitare panico, suggerendo invece l’idea di una malattia evitabile
se affrontata con responsabilità.
Concludo questo breve panorama con una campagna di educazione sull’igiene orale,
sviluppata in seguito ad un’indagine epidemiologica che indicava la
carie come un autentico flagello nei bambini di un dipartimento
francese. La campagna di comunicazione venne realizzata per adattarsi ai
programmi d’insegnamento delle scuole elementari, con particolare
attenzione all’età dei bambini e tenendo conto delle loro diversità
etniche e culturali [figg. 18-19]; materiali specifici furono approntati
per gli insegnanti delle scuole sia come documentazione personale sia
per svolgere attività condivise con i piccoli studenti [figg. 20-21]. Un
caso, questo, di comunicazione sulla salute che si fa progetto
educativo a lungo termine.
Le campagne di comunicazione istituzionali sulla salute (in Italia, dagli
antibiotici alla pandemia) servono? Quale il rapporto costo-efficacia?
Non posso
pronunciarmi sul rapporto fra costi e benefici delle campagne
istituzionali sulla salute in Italia; credo che ogni caso andrebbe
esaminato singolarmente e con molta attenzione. Quanto alla recente
comunicazione sulla pandemia d’influenza ho l’impressione, come
cittadino e come progettista della comunicazione visiva, che si sia
trattato di un colossale pasticcio non privo di aspetti oscuri: una
brutta storia, insomma. Posso aggiungere che dal periodo di cui ho
parlato prima ad oggi molte cose sono cambiate. La comunicazione, visiva
e non, si è fatta sempre più pervadente, sia in termini di quantità sia
come ‘soglia d’impatto’: un’immagine cruda come quella della prima
campagna inglese sull’Aids che ho citato non avrebbe oggi più alcuna
efficacia, se mai l’ebbe allora, perché siamo saturi di immagini
violente ed è sempre più difficile farsi strada nel rumore di fondo
incessante della comunicazione. Insistere su questo tasto significa
aderire ad un’idea di comunicazione spettacolare ed occasionale, come
dicevo; al di là della violenza, che spesso mette soltanto in mostra il
creativo di turno, credo che sia da rifiutare proprio la spettacolarità e
l’occasionalità e lavorare sulla qualità della vita quotidiana, di cui
sentiamo sempre più il bisogno. In sintesi, credo che l’unica
comunicazione socialmente utile sia, al fondo, informazione per gli
adulti ed educazione per i più piccoli; c’è altro per divertirsi, per
provare brividi, per costruire un immaginario. Soprattutto credo che sia
sempre più da ribadire la distanza irrinunciabile fra informazione e
propaganda.
Con quali strumenti ed obiettivi le arti grafiche possono mettersi al
servizio della comunicazione sulla salute?
Un progettista grafico dà forma visibile alle idee – ai contenuti –
usando come strumenti testi e immagini, ma non solo: il nostro mestiere è
anche strutturare i contenuti articolandoli, organizzandoli e, infine,
dando loro la forma visibile adeguata. Gli strumenti? Non siamo
(soltanto) ‘quelli della pubblicità’, anzi: progettiamo libri, riviste,
siti web, cd-rom, sistemi di segnaletica… Potremmo definirci
metaforicamente come traduttori o come ambasciatori; l’importante è che i
traduttori non siano traditori e che gli ambasciatori si rendano conto
che possono recar pena. Penso che il nostro mestiere abbia un certo
impatto sociale, ammesso che vi siano mestieri che non ne abbiano; senza
sopravvalutarci, mi sento di dire che possiamo fare qualche danno e,
nel caso della comunicazione sulla salute, gli esiti possono essere
immediatamente tangibili. Possiamo però fare anche qualcosa di utile
mettendo le nostre capacità al servizio di buoni contenuti. Il tempo
della ‘grafica utile’ è tutt’altro che finito e in Italia non sono pochi
gli esempi in questo senso; uno fra tutti, il progetto promosso a
partire dal 2003 dal Comune di Venezia [fig. 22] che si concentra
proprio sulla leggibilità della comunicazione pubblica; c’è da ricordare
inoltre l’impegno incessante dell’Aiap a favore della
‘grafica utile’, come nel caso del recente terremoto in Abruzzo.
Oggi è necessario comprendere che ogni azione di comunicazione (visiva, nel
nostro caso) può essere utile o dannosa e che non basta realizzare una
‘pubblicità progresso’ ogni tanto per mettersi la coscienza a posto:
meglio dedicarsi a progetti duraturi ed utili, con grande cura. Ne va
della salute di tutti.
Immagini (a cura di Fabrizio M. Rossi)
1
Campagna sui consultori familiari (manifesto), Comune di Pesaro. Design:
M. Dolcini, 1978.
2 Campagna di prevenzione del diabete (manifesto), Comune di Pesaro.
Design: M. Dolcini, 1977.
3 Incontri sulla radioattività (manifesto), Comune di Pesaro. Design: M.
Dolcini, 1987.
4 Rossini opera festival (manifesto), Comune di Pesaro. Design: M.
Dolcini, 1981.
5 Festa dello sport (manifesto), Comune di Pesaro. Design: M. Dolcini,
1979.
6 Serata di scienze naturali (manifesto), Comune di Pesaro. Design: M.
Dolcini, 1983.
7 Campagna sull’introduzione dell’identità visiva del Ministero del
benessere, della salute e della cultura olandese (manifesto). Design: W.
Nikkels e SDU, s.d.
8 Pagina interna del Nederlandse Postzegels 1981 (annuario dei
francobolli olandesi) con bozzetto (di S. Stolk) di francobollo per
l’anno internazionale dei disabili, PTT. Design: A. Beeke e DEV, 1984.
9 Doppia pagina interna del Nederlandse Postzegels 1984 con bozzetto (di
K. Martens) di francobolli sul Parlamento europeo, PTT. Design: J.
Stoopman e DEV, 1986.
10 Applicazione del logo delle PTT su un edificio. Design: P. Mijksenaar
e DEV, 1984.
11 Manuale operativo dell’identità delle PTT. Design: P. Mijksenaar e
DEV, 1979.
12 Copertina dell’annuario dei francobolli, PTT. Design: J. Stoopman
(Studio Dumbar) e DEV, 1986.
13 Campagna sull’Aids, Central Office of Information, Departement of
Health and Social Security, UK. Design: TBWA, 1986.
14 Campagna stampa sull’Aids, Central Office of Information, Departement
of Health and Social Security, UK. Design: TBWA, 1987.
15 Locandina informativa sull’Aids, Central Office of Information,
Departement of Health and Social Security, UK. Design: TBWA, 1987.
16 Locandina informativa sull’Aids, Central Office of Information,
Departement of Health and Social Security, UK. Design: TBWA, 1987.
17 Campagna sull’Aids, Ministero della salute e della famiglia, Comitato
francese d’educazione sulla salute. Design:
Créhalet-Foliot-Poussielgues, 1987.
18 Tavola di calendario per le scuole materne; campagna di educazione
sull’igiene orale, Francia, Consiglio generale dip. Seine - Saint-Denis.
S.a., 1985-1986.
19 Manifesto-metro da utilizzare in casa; campagna di educazione
sull’igiene orale, Francia, Consiglio generale dip. Seine - Saint-Denis.
S.a., 1986-1987.
20 Copertina e scheda di un calendario da costruire insieme con
l’insegnante della scuola materna; campagna di educazione sull’igiene
orale, Francia, Consiglio generale dip. Seine - Saint-Denis. S.a.,
1987-1988.
21 Tavola di calendario per le scuole materne, campagna di educazione
sull’igiene orale, Francia, Consiglio generale dip. Seine - Saint-Denis.
S.a., 1986-1987.
[1-21: immagini tratte da Images d’utilité publique, Éditions du
Centre Georges Pompidou. Parigi, 1988]
22 “Questione di leggibilità”, pubblicazione nell’àmbito del “Progetto
leggibilità, Comune di Venezia. Design: Studio Tapiro, 2005.
18 January 2021