Il mestiere di grafico – oggi

AIAP Triennale


Nell’introduzione a una delle lezioni che Albe Steiner illustra nel suo “Il mestiere di grafico”, ci informa che quello che sta per svolgere sarà un raffronto continuo tra il lavoro tecnico che il progetto grafico impone a chiunque si avvicini alla professione e la sua esperienza personale, la propria storia generazionale, culturale, politica. 

Non servono molte altre parole a chiarire l’intento che sta dietro il suo voler mettere insieme un libro utile “alle scuole e ai giovani”. E vale prenderne a prestito alcune delle righe che scrive in quello che sarà il suo ultimo testo prima della prematura dipartita. Un testo scritto per l’inaugurazione dell’anno accademico alla Società Umanitaria 1973-74 in cui ribadisce una volta ancora come compito della scuola sia formare “grafici non più educati come artefici delle Arti, non più indirizzati al progetto ispirato ‘al bel pezzo’ come il pittore di cavalletto, non più come il designer che attraverso il bell’oggetto conforta la società ammalata, non più come uomo elegante, mondano, sorridente, scettico, egoista, narcisista, amante dei formalismi, ma grafici che sentano responsabilmente il valore della comunicazione visiva come mezzo che contribuisce a cambiare in meglio le cose peggiori”.

La mostra che riporta la grafica contemporanea in Triennale nasce da queste righe, dalla volontà di tornare a raccontare una dimensione del progetto che ancora deve fare i conti con la sussistenza e la possibilità di farcela, la raccolta ha infatti messo insieme i lavori di giovani sia in fase di uscita dalla scuola che neo o auto impiegati, tutti che attraverso i propri progetti raccontano la determinazione a costruirsi un’esistenza indipendente, a indagare il tema dei diritti che questo lavoro sarà in grado di difendere, ma al tempo stesso il volerlo fare senza rinunciare a una dimensione incisiva, determinante e sperimentale del proprio operato. 

La mostra si determina quindi come un laboratorio che si pone l’obiettivo di “avviare” un ragionamento sulla materia di cui “Oggi” è fatto questo mestiere.

Il laboratorio in realtà è partito ben prima dell’inaugurazione di questa esposizione, lo abbiamo avviato con quattro conversazioni tenute nel giardino di Triennale durante l’estate 2021. 

L’organizzazione di quel calendario si è divisa su quattro filoni tematici che abbiamo voluto rimanessero gli stessi dei progetti scelti per la mostra:

—Formazione e Progetto;

—Impresa e Progetto;

—La grafica artigiana;

—La grafica programmata.

La ragione che fa da sfondo a questa scelta e al progetto nel suo complesso è indagare la contemporaneità del mestiere in Italia in senso letterale. Vogliamo far emergere non solo i contenuti e il linguaggio visuale che caratterizza la produzione grafica di giovani di talento, ma insieme a questo anche le difficoltà amministrative e fiscali nell’organizzarsi per sostenersi e continuare a fare sperimentazione, la volontà attraverso il proprio lavoro di ristabilire un contatto con la comunità in cui si risiede, indagare l’effettiva necessità del progetto nel dare risposta a molte delle istanze che caratterizzano il nostro tempo.

Molti progetti sono qui ovviamente per le qualità formali che esprimono, ma nella gran parte dei casi anche per la storia che hanno dietro. Il rapporto che lega vicende come identità, territori, comunità, inclusività, società sembra essere il vero tratto comune di molto dell’impegno che qui vediamo profuso a piene mani e il senso primo che possiamo riconoscere all’avvio di questo cantiere è già nell’aver fatto emergere come il campo su cui molti dei progettisti coinvolti ha scelto di cimentarsi si collochi proprio all’ombra di quell’auspicio di “cambiare in meglio le cose peggiori” che abbiamo richiamato nel citare il testo di Albe.

Va detto in conclusione che AIAP si era già presa una bella responsabilità nel 1989 con l’estensione e la pubblicazione della “Carta del Progetto Grafico”, vero e proprio manifesto redatto per mano di quel cenacolo di autori e teorici (Giovanni Baule, Gelsomino D’Ambrosio, Pino Grimaldi, Giancarlo Iliprandi, Giovanni Lussu, Alberto Marangoni, Gianfranco Torri) fortemente impegnati all’epoca e capitanati da Giovanni Anceschi, nel voler disegnare i recinti propri di questo mestiere. Una sorta di scudo protettivo che all’epoca fu sottoscritto da centinaia di progettisti dentro e fuori il nostro paese, i cui effetti però si dissolsero in quel processo di nebulizzazione che investì il nostro lavoro dagli anni ‘90 in poi.

Non conviene tornarci sopra, ma riprendere invece gli auspici di quell’azione e avere confidenza che oggi quell’invito alla riflessione e a una nuova occupazione di campo può tornare nelle mani di questi giovani designer, e speriamo di molti altri che vorranno unirsi alla discussione nei prossimi mesi-anni, che senza più la necessità di nessuna protezione stanno scrivendo in autonomia il proprio manifesto.

La mostra sarà aperta dal 26 novembre 2021 al 23 gennaio 2022.
Ingresso gratuito.

Si ringrazia per il supporto tecnico relativo all’allestimento Emilio di Lanificio Leo.