Germano Facetti e i Penguin Book
Da settembre a ottobre 1999
Galleria Aiap viale Col di Lana 12
Milano
Una mostra sull'esperienza di Germano Facetti alla Penguin Books.
100 volumi Penguin Book ripercorrono i momenti più significativi della grafica Penguin prima del 1960.
La mostra, inaugurata in concomitanza all'Assemblea nazionale dei soci Aiap, il 18 settembre con un incontro cui hanno partecipato Martino Mardersteig, James Clough e Mario Piazza, è stata esposta nel 2000 a Genova, Matera e Urbino.
›
dettagli Il tascabile come 'mass medium' di Germano Facetti
È discutibile se gli editori debbano o non debbano avere un sistema di immagine coordinata. Da un lato una immagine propria è, in se stessa, già garanzia di qualità dell’editore. Il successo di American Heritage dovrebbe dissipare ogni dubbio circa i vantaggi di un approccio progettuale coerente, che comprenda dal logotipo fino all’ultimo modulo per gli ordini postali. Dall’altro c’è una diffusa opinione per cui i libri dovrebbero avere un trattamento “mirato” caso per caso, competere visivamente tra loro, promuovere oggi l’autore, domani il titolo, facendo proprie le “convenzionali” tecniche di marketing.
La Penguin Books è stata una significativa eccezione a questa opinione, perché ha dimostrato in modo coerente che avere un’identità flessibile era un sicuro vantaggio.
È perciò possibile supporre che un fattore indispensabile per valutare le scelte progettuali per l’editoria è che vi sia una disciplinata strutturazione visiva con una estesa flessibilità. Questo non va inteso come l’offerta di una scappatoia ad un capriccio eclettico o decorativo, anche se per alcuni libri può essere necessaria, ma come metodo che opportunamente riflette l’identità dell’editore.
La distinzione tra design e arte si pone qui ad un incrocio particolare.
È nella loro interpretazione e interdipendenza che sta la soluzione del contraddittorio desiderio “di avere una identità comune ma essere individui”, se il design debba essere immune dalle oscillazioni locali o provinciali della moda, e tuttavia anche capace di far propria e integrare qualsivoglia tecnica artistica. Solo allora un approccio simbolico, decorativo, diagrammatico o documentario potrà essere utilizzato, ma come un normale elemento comumnicativo.
Non tutte le copertine mostrate qui sono elettrizzanti dal punto di vista del design. È molto più importante che la Penguin abbia stabilito un alto standard costante, piuttosto che oscillare dall’eccellente al pessimo, di copertina in copertina, come fanno quasi tutti gli altri editori.
I Paperbacks McGraw-Hill, disegnati da Rudolf de Harak, hanno uno stile consistente, insuperato; è veramente un male che lo stesso standard non si sia applicato all’intera azienda.
Tali sforzi da parte degli editori dimostrano che almeno per loro la grafica sta raggiungendo un punto di professionalità, e sta superando l’approccio artigianale del prodotto unico e bellissimo. Questo non per sostenere che un migliaio di mediocri copertine siano migliori di una sola buona, ma per sottolineare che lo sforzo per un alto livello d’insieme vale il sacrificio della torre d’avorio.
Tratto da: Dot Zero, n.3, spring 1967.
( 1 Oct 1999 )