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Il tempo è un fanciullo che gioca

 

Il tempo è un fanciullo che gioca. (Eraclito)

“Matite che camminano”, ha scritto Giovanni Lussu parlando del lavoro di Franco Balan. Matite che, cresciute in un piccolo territorio, hanno avuto poi la capacità di farsi conoscere nel mondo. Hanno avuto la capacità di nutrirsi di una cultura locale, sapore quasi di un’Italia agricola, per poi uscire dai propri confini e portare il proprio linguaggio espressivo, il proprio stile, la propria cultura, dentro di sé ma lontano da sé, altrove. Ed è stato in questo legame, strettissimo, tra cultura del luogo, strumenti, oggetti e racconti che Balan ha costruito una visione animistica del progetto: i manifesti di Balan sono strutture animate, si muovono, raccontano storie, sono esperienze tattili, teatrali, sinestetiche, perché si portano dietro gli odori del luogo, la sua polifonia, la sua espressività e le sue lingue.
Quelle lingue che Balan provava a spiegare a noi studenti quando, moltissimi anni fa, ebbi la fortuna di poter prendere parte ad un suo seminario: conservo ancora i suoi splendidi manifesti, serigrafati, che ci regalò con la generosità di un artigiano, la consapevolezza che quelli erano “solo pezzi”, bozze, prove di stampa, e come tali andavano condivisi con chi, più giovane, cercava di capire quale alchimia occorresse per arrivare a quei risultati.
Molti anni dopo, le chiacchierate, le telefonate, gli incontri. L’ultimo ad Aosta, nella sua Aosta, travolti dalla sua inesauribile energia durante il convegno “Aoste une voie de communication internationale”, nel quale cercava di tessere prospettive future per la sua terra e per la grafica italiana. “La” grafica italiana.

Ciao Franco, ci mancherà la tua profonda leggerezza.

Daniela Piscitelli


(16 Apr 2013 )


 

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18 January 2021

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