Riflessioni

Il vuoto formativo

Roma, 27 novembre 2007
Documento presentato da Beppe Chia e Gianni Sinni a Nando dalla Chiesa sottosegretario al Ministero dell'Università e della Ricerca, con delega al diritto allo studio, ai conservatori e alle accademie... sul tema della formazione.


Un vuoto
Nonostante il settore della comunicazione visiva si estende con i suoi artefatti su innumerevoli aspetti della nostra vita (segnaletica, editoria, pubblicità, internet...) non esiste all'interno del nostro ordinamento formativo un quadro di riferimento, un piano di studi organico strutturato propedeuticamente e didatticamente, autonomo da settori contigui come Architettura, Disegno Industriale, Accademie di Belle Arti, Scienze della Comunicazione... che affronti la disciplina nella sua interezza e complessità. Se l'architettura poteva essere considerata l'asse portante nel progetto del secolo passato ed il disegno industriale la sua naturale prosecuzione, è evidente che la comunicazione con i suoi dispositivi visivi si può considerare come la pratica progettuale più rappresentativa del nostro secolo.
Negli anni scorsi un grosso lavoro è stato fatto per contemplare all’interno dei piani di studio propri del disegno industriale, tutte le discipline legate alla comunicazione e questo, se da un lato è servito ad istituzionalizzare la materia, dall’altro però la asservita ad un corpus disciplinare che, seppure affine, di fatto è molto diverso per storia, metodologia, e assetto.
Effetti del vuoto
Questa assenza di un piano formativo specifico dedicato alla comunicazione visiva genera degli effetti che ci preoccupano. Sul versante dei progettisti la professione viene esercitata, escludendo le eccellenze tipicamente italiane, su basi inadeguate alla complessità che la nostra società richiede, senza disporre degli strumenti concettuali, senza una visione strategica complessiva, senza avere chiaro un sistema di riferimento. Basti indicare a questo proposito che chiunque può accedere alla "professione" senza aver maturato quel minimo di consapevolezza che solo una scuola può fornire, che non esiste una professione per il registro IVA, che in bandi, concorsi, gare della pubblica amministrazione il progetto di comunicazione visiva è sempre confuso o asservito a tipografie, pubblicità, giornalismo... Come fruitori del "visivo" basta guardarci intorno per misurare il degrado che investe le nostre città i nostri ambienti i nostri paesaggi i nostri prodotti. Visione ancor più dolorosa se confrontata con la nostra storia. Tutti segni di un impoverimento progressivo della nostra cultura della comunicazione visiva.
Basta poco per colmare un vuoto
AIAP non chiede il riconoscimento della professione attraverso organi di tutela come ordini albi etc. ma chiede, molto più semplicemente, che venga riordinato il sistema formativo di chi si occuperà di "comunicazione visiva". AIAP ritiene da anni questo intervento una priorità assoluta. Per questo motivo molti suoi associati sono coinvolti nell'attività di docenza in tutte le università italiane. Il passo successivo, e decisivo, però, è quello di poter considerare la comunicazione come una disciplina “adulta” al pari di disegno industriale o architettura. Solo così sarà possibile iniziare a strutturare un corpo docente qualificato perché formato e esaminato da teorici della comunicazione e non della più ampia e generica disciplina del disegno industriale.
In concreto
Attraverso questa rete, autosostenuta dagli stessi soci, AIAP monitorizza da anni la pratica del "progetto di comunicazione visiva" e si rende disponibile ad avviare un dialogo con gli organismi competenti, suggerire possibili soluzioni o indirizzi, organizzare gruppi di lavoro.
AIAP sarà orgogliosa di poter modificare il suo codice deontologico per regolare l’accesso dei nuovi soci in base agli studi sostenuti.




Aiap
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18 January 2021

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