Riflessioni

Guardare, vedere, progettare: educare

Roma, 17 dicembre 2008
Intervento di Beppe Chia tenuto in occasione della manifestazione Roma Design più, Design After school, L'università La Sapienza, Il Corso di Laurea in Disegno Industriale.


Raccontarvi del perché sia urgente e importante occuparsi della formazione degli aspetti legati alla visione e al progetto richiederebbe molto più di questi pochi minuti. Mi limiterò dunque a scomodare tre pensieri ai quali mi sento particolarmente legato. Ve li propongo con un piccolo commento per portarli vicini al nostro tema.

"Se ho incluso la visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire visioni e forme dall'allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini. Penso a una possibile pedagogia dell'immaginazione che abitui a controllare la propria visione interiore senza soffocarla e senza d'altra parte lasciarla cadere in un confuso, labile fantasticare, ma permettendo che le immagini si cristallizzino in una forma ben definita, memorabile, autosufficiente, ‘icastica'." Italo Calvino
Aspetto proiettivo del progetto, la visibilità come propedeutica al progetto.

"Chi vede meglio, chi distingue meglio, chi riconosce la relatività dei fatti e sa che non esiste mai un'unica soluzione per le formulazioni visive, muterà di certo opinione anche sulle altre formulazioni; soprattutto, diventerà allo stesso tempo più preciso e più tollerante." Josef Albers
Aspetto relazionale e riduzione del conflitto.

"Possiamo disporre di tutte le possibilità, ma non abbiamo nessun progetto" J.P. Sartre
Aspetto esistenziale del progetto.

Una illustrazione per l'infanzia, il disegno di un carattere, la pagina di un giornale, di un libro, una sigla televisiva, la segnaletica di un ospedale, la pubblicità del cibo per gatti, dei detergenti, delle auto, dell'acqua, delle sigarette, la propaganda delle idee, un pannello di controllo, le istruzioni per l'uso, la facciata di un palazzo, la rappresentazione di una formula...
Nonostante il settore della comunicazione visiva si estende con i suoi artefatti su innumerevoli aspetti della nostra vita è oggi raro trovare nella scuola italiana l'attenzione che meriterebbe un aspetto così rilevante. Siamo sommersi dal visivo, ma al progetto della 'visibilità', della nostra facoltà "di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi" (come scrive Italo Calvino) non si manifesta nessuna attenzione.

Forse noi grafici vediamo con precisione e chiarezza quali enormi implicazioni potrebbero esserci nel dedicare un po' più di attenzione alla formazione della cultura visiva.
Forse crediamo che "mettere a fuoco visioni a occhi chiusi" significhi progettare il mondo non solo disegnare marchi.
Forse siamo illusi che condividere questa funzione "proiettiva" con il maggior numero di persone sia doveroso perché ne sperimentiamo quotidianamente le enormi potenzialità.
Forse la comunicazione visiva è diventata così inconsapevolmente praticata nella nostra civiltà, con scopi molto differenti, da renderne difficile una sola lettura da una sola angolazione.

A conferma di questa ricchezza, di questa onnipresenza degli aspetti visivi del progetto in pratiche diverse e distanti le proposte formative sono le più variegate, interessanti a volte fantasiose. Ci si trova ad essere ospiti in molti indirizzi e corsi di laurea. Architettura (politecnici), Arte (accademie di belle arti), Scienza (della comunicazione), Tecnologico (Istituti professionali). Ogni volta con accenti diversi: strutturale, espressivo, teorico, tecnologico.

Tutto questo (probabilmente frutto di un "non progetto" ma risposta ad una contingenza reale e sentita) ha provocato contaminazioni, meticciaggi, incroci, rendendo la situazione estremamente fertile. Credo che il caso "Italic" sia emblematico, uno dei più riusciti insieme a pochi altri dove spesso vediamo coinvolti nostri associati. Ma questi casi sono sporadici, occasionali non strutturali al sistema, dove generalmente regna il caos, la confusione e la dispersione.

Nella mia esperienza di insegnante, quando incontro per la prima volta gli studenti mi faccio sempre la stessa domanda: che terreno ho a disposizione su cosa dovrò seminare che semi devo usare, quanta acqua, quanto sole... Il terreno è arido.
L'educazione al "visivo", diffuso e di base, che dovrebbe far parte del corredo di civiltà che ogni futuro cittadino riceve è modesto in alcuni casi assente. Sto parlando dell'istruzione primaria, delle materne, delle elementari, delle medie che dovrebbero preparare il terreno sul quale poter poi costruire la formazione professionale e universitaria. Questo è a mio avviso è il problema più grave.
Non è un caso se tra le scuole che ho citato prima (Architettura, Accademie, Scienze della comunicazione...) erano assenti gli istituti che più si dedicano alla formazione (Pedagogia, Scienze dell'educazione, Psicologia...)

Riassumo la situazione
Si guarda molto. Si vede molto poco. Non si progetta niente o quasi.
- Si guarda molto: Ma è evidente la carenza di una formazione di base, di una cultura diffusa legata al visivo.
- Si vede molto poco: Assenza di una consapevolezza critica del vedere. Dispersione di discipline legate alla comunicazione visiva su molti corsi di laurea.
- Non si progetta niente o quasi: Dispersione della proposta formativa sul progetto di comunicazione visiva.

Ora c'è da chiedersi come proseguire partendo da quello che abbiamo. Prima credo sia utile fare un breve viaggio nel mondo "reale", quello che viviamo tutti i giorni dove sono cambiati o si stanno trasformando sia i meccanismi di produzione che di fruizione degli artefatti visivi.

Alcuni esempi
- Semplificazione e standardizzazione dei dispositivi produttivi destinati ad utenti generici non "addetti ai lavori" che produrranno comunicazione visiva in autonomia avvalendosi di tecnologie sofisticate. La tendenza del mercato ad aumentare sempre più il suo bacino di utenti condividendo strumenti produttivi "standardizzati" pone necessariamente delle riflessioni sulla figura del progettista grafico, molte delle sue funzioni/competenze sono assunte e lo saranno sempre di più direttamente dai software. Parentesi (provate ad incrociare questa tendenza con la carenza di una cultura diffusa legata al visivo. Immaginate gli effetti). Chiusa parentesi. Punto
- Smaterializzazione e dislocazione in reti, schermi, led, proiezioni dei supporti della comunicazione visiva. La perduta unicità e materialità del supporto richiede una ri-valutazione dei meccanismi classici di valutazione della prestazione professionale. La "vendita" del progetto si trasforma sempre più in collaborazione e condivisione di strategie e risultati.
- Ruolo della comunicazione visiva nella crisi economica e sul problema ambientale. Il mercato della propaganda/pubblicità sta subendo una trasformazione sia nei temi che nelle modalità operative. La valutazione degli impatti ambientali, la riduzione dei consumi, il risparmio energetico, il kilometro zero modificheranno i sistemi di produzione e consumo della comunicazione.
- A tutto questo esubero tecnologico non riesco a non associare la frase di Sartre "Possiamo disporre di tutte le possibilità, ma non abbiamo nessun progetto".
Pensiamoci.

Un esempio pratico
Se il libro lo impaginerà direttamente il redattore o l'autore, scegliendo e adattando un progetto grafico fornito da un software, riempendo dei campi su un sito? Se la promozione/pubblicità sarà assolta da l'invio di mail a destinatari super selezionati che non hanno bisogno di stimoli espressivi perché già iper-sensibili all'argomento? Se la produzione sarà print on demand o addirittura si concluderà con l'invio di un file per ridurre l'impatto ambientale? Se idee come marchio, collana editoriale, identità visiva risultassero in definitiva obsolete? Pensiamoci.

Ritornando a quali scenari si possono aprire partendo da quello che abbiamo a disposizione ritengo possibili due orizzonti che non si dovrebbero escludere ma interagire e arricchirsi reciprocamente.

Da una parte dobbiamo fornire strumenti per guardare consapevolmente: ovvero vedere, saper vedere, saper valutare. Continuare ad essere sempre più presenti con discipline inerenti la comunicazione visiva nei corsi di laurea apparentemente distanti dallo specifico. Oltre a tutte quelle che più o meno esplicitamente utilizzano la comunicazione visiva come strumento della progettazione: Architettura, Ingegneria, Design... particolare attenzione andrebbe dedicata alle Scienze della formazione, all'economia, all'informatica, la filosofia, la psicologia, le neuroscienze.

Dall'altra parte è divenuto urgente dare risposte a un mondo che ci chiede di "saper progettare" consapevolmente legati alle specificità territoriali con una visione ambientale globale e con una visione critica delle tecnologie.
Elevare la formazione professionale del design di comunicazione visiva sapendo che il progetto potrà essere tanto più valido e coerente quanto più è in grado di mettere in relazione scienza, arte, tecnologia, filosofia creando tra questi campi quanti più possibili nessi e relazioni.
Questa è la sfida più grossa. La formazione non potrà che contribuire alla ri-definizione della figura del progettista di comunicazione visiva emancipandola il più velocemente possibile da una serie di equivoci che la vedono da una parte consequenziale di discipline come architettura o accademie e dall'altra asservita a competenze tecniche di conoscenza dei software.

È per noi evidente la maturità e l'autonomia disciplinare che il design di comunicazione visiva ha raggiunto. Ne sono testimoni, la rivista Progetto Grafico, i siti, i convegni, i corsi di laurea specifici che stanno nascendo e che ci auguriamo al più presto siano riconosciuti dal ministero nella loro specificità...

Per non sembrare inconcludente, a rischio di apparire banale o peggio prescrittivo vi illustro quelli che potrebbero essere a grandi linee i pilastri sui quali dialogare per ri-costruire il mestiere del grafico a partire dalla sua formazione. Vi sembrerà un elenco scontato, scolastico quasi noioso ma vi assicuro che confrontato con la realtà dei fatti risulta quasi fantascientifico.

Le "Storie della comunicazione visiva". Insegnamenti che analizzano gli artefatti della comunicazione visiva attraverso una prospettiva temporale in relazione ai contesti sociali, culturali e ambientali nei quali si sono evoluti.
La "Progettazione grafica". Insegnamenti laboratoriali che forniscono strumenti per affrontare le problematiche relative alla progettazione di artefatti di comunicazione visiva: sistemi d'identità, editoria, internet, multimedia, video, prodotti, pubblicità, ambienti, disegno dei caratteri, infografica.
Gli "Strumenti teorici". Strumenti di lettura dei linguaggi, delle tecniche e degli ambienti della comunicazione visiva (sociologie, fenomenologie, estetiche, matematiche, economie...).
I linguaggi "Tipografia", "Fotografia" e "Rappresentazione". Insegnamenti che affrontano i linguaggi che vengono utilizzati nel progetto di comunicazione visiva.?
Le tecnologie "Strumenti tecnici". Studio delle tecnologie software, tecnologie di produzione e diffusione necessarie per la progettazione visiva.

L'articolazione di questi saperi e il loro approfondimento in senso orizzontale sulle discipline storiche e teoriche e in verticale sui linguaggi dovrebbero consentire da una parte lo sviluppo di capacità gestionali di progetti articolati e complessi mettendo in relazioni figure, linguaggi e discipline molto distanti tra loro, di disporre di una vasta competenza storico culturale e di strumenti di meta-progettazione come sociologia, antropologia, economia, semiotica che gli consentano di dialogare con i decisori.
Dall'altra conoscere e saper praticare gli aspetti espressivi e produttivi dei linguaggi visivi sulla base di competenza storico culturale e di conoscenze scientifice delle tecniche e tecnologie produttive.

La difficoltà che abbiamo sempre avuto nello spiegare ai nostri più prossimi parenti come ci guadagnamo da vivere si sta definitivamente risolvendo poiché più o meno consapevolmente tutti hanno fatto l'esperienza di scegliere un carattere, pubblicarsi un sito... Dunque ben vengano le crisi di identità, l'innesto di materie legate alla progettazione visiva in più piani di studio, le trasformazioni repentine di ragioni sociali, le improbabili fusioni tra grafici e cuochi, agri-grafica, archi-grafica, falegnami, editori, urbanisti...

Se andiamo un po' oltre il dibattito sulla trasparenza del "calice di cristallo", c'è da entusiasmarsi per le innumerevoli possibilità che si spalancano, qualcuno si può spaventare guardando verso il basso non trovando il pavimento e non vedendo neanche i propri piedi. Altri cominceranno a volare... Tutto dipenderà da quali strumenti la formazione sarà in grado approntare.




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18 January 2021

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