Lezione di Franco Grignani, (1908-1988).
graphic design: Heinz Waibl.
Type La tipografia nel filtro ottico.
È bene distinguere subito le diverse aree della tipografia che sono nate da specifiche applicazioni, onde evitare
di costringere questa immensa materia ad un giudizio circoscritto e limitativo.
Innanzitutto la tipografia è nata per farsi leggere attraverso la spogliazione del segno dalla sua forma visiva, codificando le lettere ed estraendone il significato.
La parola scritta, in questo caso, non viene ricordata come immagine, ma rimane solo parola che si realizza come idea.
Così è la tipografia per la pagina del libro o del giornale, dove il vuoto e il pieno delle lettere, la giustezza
o la lunghezza della riga, il corpo o la grandezza
del carattere, l’interlineatura o lo spazio tra le righe,
i margini della pagina, concorrono a fornire quegli ingredienti di base che rendono facile ed invitate la lettura.
Ma i miei interessi professionali, estetici e creativi, si sono sempre indirizzati, sperimentalmente, verso una tipografia di alto richiamo visivo al servizio della comunicazione
in ambiente saturo di segni, come per esempio, il settore della pubblicità, dove le frasi sono state scelte più brevi
e incisive, assumendo talvolta il ruolo di figurazione.
Da un po’ di tempo la riga tipografica ha perso
la “periodicità meccanica” perché condizionata
dalla foto-composizione che regola le distanze alfabetiche con accorgimenti micro visivi irregolari tali da non essere percepiti dall’occhio umano, e queste libertà ottiche hanno poi influito nei macrosegni ad alterare le forze spaziali quando esse fanno sentire le “differenze” che si rincorrono nell’area del campo di lettura, aumentando la tensione formale e l’intensità del significato della parola.
In questi ultimi anni è stato un fiorire di nuovi alfabeti
che non possiedono più il veto della difficile lettura perché attraverso le nostra continue esperienze di nuovi segni, logotipi, insegne, espressioni grafiche libere, l’occhio
ha acquistato una maggiore velocità interpretativa alla lettura.
Quando nel 1964 disegnai per la prima volta il carattere “Magnetic” ispirato ai numeri IBM, stampati con inchiostri magnetici, ebbi il dubbio della poca leggibilità (per quanto io li avessi usati per la copertina di “Pubblicità in Italia 1964-1965) ma nel 1966 questi caratteri furono ripresi in America e trasferiti in fotocomposizione e applicati subito alla titolazione avveniristica in migliaia di pubblicazioni.
La mia personale ricerca che man mano si è sviluppata
dal 1953 in questo settore è stata la proiezione di segni alfabetici attraverso filtri ottici, per ottenere la sensazione come di “distanza drammatica”. Il segno, con queste tecniche, diventa “fisico” non per la materia ma per
la carica di spinte e controspinte che fanno sì
che l’occhio umana veda attraverso emozione
e sollecitazione che creano valori traumatici e rubano
lo sguardo facendo sentire un disagio percettivo espresso in ansia.
Non è stata questa ricerca il bisogno del nuovo a tutti
i costi, ma un’analisi della situazione della lettura tipografica influenzata dalla velocità meccanica dei mezzi di locomozione, o da interferenze di superfici trasparenti nelle architetture, o da recuperi di forme riflesse
in superfici curvare e speculari.
Chiunque analizzi il futuro della comunicazione scritta non può non sgomentarsi davanti all’enorme, irrazionale, enfatico consumo di simboli. Valanghe di segni, immagini
e illustrazioni, assorbono circa il 70% dello spazio
nei mass-media togliendoci l’esercizio del controllo sui processi di memoria e abituando la nostra mente a una superficiale osservazione.
L’area operativa della pubblicità sta diventando sempre più vasta e lo sforzo creativo di specialisti non riesce ormai
a produrre, per due prodotti similari, quanto basta per differenziali. In questo mondo di immagini, che sta raggiungendo valori ipertrofici, si impone la ricerca
di nuovi valori segnici, fisici, costruttivi. Anche la grafica moderna, a causa della sua estrema semplificazione, rischia una unificazione dei segni che porta ineluttabilmente alla similarità. Si è scritto che nel futuro l’immagine soppianterà anche la parola scritta, ma si può affermare oggi che la tipografia può essere il soggetto
e può sostituire la figurazione quando applica l’espressività dinamica antropometrica per ricordare con le sue sinuosità il corpo umano.
Nell’800 la tipografia nella pubblicità entrava come sostegno alla figurazione e ne occupava lo spazio lasciato libero; ora la tipografia è immagine violenta per colore
e tridimensionalità, con la funzione di fermare il lettore-pedone o l’automobilista nei canali dei traffico cittadino.
Oggi le città hanno due architetture, una fisica e l’altra
di parole stampate e di neon; forse, parlare di prospettiva,
è improprio, bisogna parlare di proiettiva o di “tensione immaginativa” dove l’uomo vive la sua vita diurna
e notturna nei canali dei flussi viario.
Il graphic-designer, entrando in questi problemi,
si appoggia ad una cultura scientico-visva: indaga lo spazio che lo attornia e che si rivela come una espansione radiale.
Fino a qualche anno fa la grafica moderna si amministrava su moduli, ricercava l’ordine, l’armonia nella composizione, sfociando in un concetto statico. Ora, invece, non cerca l’equilibrio, la stabilità, ma un campo di sollecitazioni visive in continua trasformazione che rinvigoriscono di volta in volta la possibilità e le qualità del suo segno.
Che cos’è una distorsione se non l’infiltrarsi di uno spirito “sperimentale” verso la ricerca di aspetti alterati, decomposti, astratti e logicamente autonomi; che cos’è
la tensione, se non la lettura sull’arco fisico del segno degli elementi della quarta dimensione psicofisica, un alcaloide per la lettura dei movimenti virtuali che aumentano l’intensità del significato.
Type è una selezione di esempi, alcuni già applicati, altri in riserva, di tutto ciò che si può ottenere vedendo “oltre”
lo sguardo, un lavoro travagliato ma libero, inventivo, paradossale, inspiegabile e razionalissimo, uno spettacolo di idee che nutrono la fantasia.
Queste sperimentazioni, pubblicate in tutte le riviste grafiche, hanno alla fine, influenzato altre grafiche anche
in altri paesi. Mi sembra opportuno, ora mostrarle qui
per indicare una cultura della visione aperta al miglioramento intellettivo di tutta la grafica che vuole chiamarsi modera.
Franco Grignani 15 marzo 1984
Quanta, via Fatebenefratelli 15, 20121 Milano
18 January 2021